SUPERNOVOS – NAHTLOS (2019, Luminol Records)


Se pur nei primi secondi di ascolto di questo “Nahtlos”, seconda fatica dei bolognesi Supernovos, i suggerimenti post sono piuttosto chiari, ad un ascolto più attento si scorgono dei dettagli che li fanno deviare su altri binari. È come se dal nucleo centrale si diradassero decine di raggi, sbattendo in tutte le direzioni ed illuminando ciò che incontrano per la strada: su batterie che fanno un lavoro eccellente, su chitarre che sanno bene quando distorcersi, su tastiere che un po’ ammiccano al prog e su una miriade di altri suoni, di altri quasi-impercettibili dettagli.

“Nahtlos”, senza soluzione di continuità, ma nient’affatto in maniera casuale. Semplicemente a metà strada tra la voglia di sperimentare e quella – di sicuro più convincente – di trascinare l’ascoltatore in preda all’immediatezza, a movimenti che ti accarezzano dentro ma che sanno perfettamente come scuoterti. Se, come dicevo prima, il suggerimento principale che viene dato è quello del post-rock, anche se piuttosto spinto, e non d’ambiente, col passare dei minuti, già partendo da Wundercliffs, questi suggerimenti vengono sviluppati ed ampliati in direzioni che ricordano, per esempio, alcuni progetti dell’Argentina anomalìa ediciones (penso per esempio ai Rioseco) ma che trova buoni compagni anche qui da noi. Tra distorsioni e dettagli dreamy, intensità variabili e saliscendi rumorosi, tra intemperie e momenti di riposo, si procede decisi per arrivare in cima, a guardare il panorama da un punto altissimo (Wundercliffs Pt. II).
Da quassù, infatti, si godrà a pieno della vista e dell’ascolto della doppietta Übermaschine: con una prima parte che prende piede esplodendo da ripetizioni kraut veloci ed immediate, ed una seconda che tali ripetizioni le prende e le riorganizza in tutt’altro modo, cambiando totalmente gioco, perdendosi a giocare tra gli innumerevoli dettagli elettronici. La doppietta in questione è il punto preciso da cui partirà la tempesta: una di quelle tempeste che aspetti e desideri quando il caldo si fa soffocante ed asfissiante e che, quando poi – finalmente – arriva, ti risolleva e purifica tra scariche di pioggia e folate fortissime di vento, distorsioni sincere ed arpeggiatori trascinanti. Una suite che convince e che spalanca violentemente le porte all’episodio finale, Bismuth: in cui, saltando dalle chitarre post alle tastiere prog, dalle atmosfere dreamy agli effetti psichedelici, si dimostra la completa familiarità a determinati suoni ed influenze.

È un ascolto interessante, che sta bene in compagnia di Euf, Augure e zugabe. Quindi approfittatene, mettetevi in cuffia questo disco e chiudete gli occhi: il viaggio è garantito.

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