HOLA LA POYANA – A LONG COLD SUMMER (2020, Hopetone Records)


Una palude, un po’ di nebbia, acque stagnanti e mangrovie. Un’accolita di personaggi strani su una scalcagnata barchetta di legno (o di carta, chissà), remate di banjo e chitarra, di voci e percussioni e tastiere e a capo di tutto una poiana: Hola La Poyana, per essere precisi.

La colonna sonora degli ondeggiamenti della ciurma è “A Long Cold Summer“. Una lunga estate fredda, lontana da riferimenti cinematografici e musicali, è – più che altro – un freddo che viene da dentro: un freddo fatto di sensazioni, di scelte “sbagliate” (perché no?) o semplicemente “controcorrente”, di emozioni personali ma da condividere con amici fidati, vicini o lontani che siano (prendono posto a bordo del vascello, chi per una nota, chi per brani interi: Andrea Cherchi, Simone Sedda, Marina Cristofalo, Matteo Leone, Gianmarco Cireddu e tutti insieme aggiungono elementi che colorano perfettamente l’intero lavoro).

E quindi benvenuti in questo breve viaggio su acque che cullano e tormentano, acque che si agitano dentro ognuno di noi, accompagnati degnamente dalla voce e dalle mani di Raffaele Badas.

Diamo le prime remate nell’EP col folk da palude di Your Past Doesn’t Mean A Thing: un brano guidato da banjo e chitarra e incorniciato magnificamente dalle percussioni, che riesce a risultare orecchiabile senza alcun problema, pur conservando un tocco oscuro. Oscurità che rimarranno vive e pulsanti anche nella successiva Like A Modern Jesus Christ che, con il suo acustico bluesy, racconta una storia e invita a seguire l’istinto, a fare ciò che più ci fa sentire bene, senza dover per forza sottomettersi a “Ciò che è giusto per tanti” e soprattutto a vivere senza rimorsi.

Grab Those Monsters And Kill’Em All, poi, non me l’aspettavo proprio: una piccola perla synth/horrorcore che si nasconde tra la vegetazione più fitta, come una bestia qualsiasi in un videogioco degli anni ottanta. Tenebre di bassi distorti ed elettroniche a bassa fedeltà ma di grande impatto.

Questo EP, piano piano, finisce per diventare una piccola raccolta di inni: alla libertà, come detto prima, all’eterna indecisione, ma anche al sentirsi bene e fregarsene quando tutti ti considerano “fuori luogo” o “strano”: Being The Odd One Out è un brano che niente ha da invidiare all’indietronica più conosciuta (vicinissimo agli episodi migliori di Yuppie Flu e Farmer Sea) e che riesce ad essere dannatamente orecchiabile.

La conclusiva Before You Leave, in cui il capitan Poyana si fa cucire addosso dai Rigolò un abito arty che veste alla perfezione e che tocca da vicino tanto Iosonouncane quanto Girless & The Orphan, congeda un EP in maniera più che adeguata lasciandoci con un ultimo segreto da confessare e un po’ di amaro in bocca.

Raramente mi lascio convincere da lavori cantati, ma in questa occasione è stato un vero piacere cambiare idea. Provateci anche voi.

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