DANIELE BRUSASCHETTO – FLYING STAG (2019, Wallace Rec, Bandageman Rec, Bosco Rec, Solchi Sperimentali Discografici)


Daniele Brusaschetto non è una figura nuova del panorama underground italiano, ma anzi un artista che ha cambiato spesso pelle, muovendosi nei meandri – a volte diversissimi tra loro – del rumorismo del nostro paese.

Questo Flying Stag, ultimo lavoro uscito per Wallace Records, Bandageman Rec, Bosco Rec e Solchi Sperimentali Discografici, segna un ritorno alle origini del musicista torinese: sette brani dall’animo metal, con una formazione ridotta all’osso (voce, chitarra, batteria e nient’altro) in compagnia di Alberto Marietta, dimostrando di essere perfettamente a suo agio in questo genere (sia come cantante che come chitarrista). Già dalle iniziali Otherwhere e Stag beetle si capirà che i due strumenti credono di essere un’intera orchestra metal, per intensità e volumi. Personalmente vi dirò che il metal, solitamente, non mi piace. Ma vi dirò anche che Brusaschetto riesce a convincere addirittura un ascoltatore così scettico come il sottoscritto: l’ascolto non infastidisce, anzi, riesce a catturare per la potenza del suono, per le scivolate nel math dei riff spigolosi, anche se mi ha fatto storcere il naso, ma solo con i super-assoloni (che per fortuna durano pochissimo e che mi hanno riportato alla mente i chitarristi col piede appoggiato sulla cassa-spia intenti a spararsi le pose – ma, come detto, per fortuna durano pochissimo).

Splattering purple vi farà correre e frenare, derapare, sbandare e rientrare in corsa… una corsa folle e continua senza mai arrestarsi completamente. E la successiva The unreal skyline sputerà fuori dallo stereo della macchina, che continua a procedere a tutta velocità, la colonna sonora ideale di un mondo dannatamente deviato e psicolabile, che con continui attacchi epilettici metterà l’ascoltatore in condizione di affrontare la vita, seppur piena di soprusi e difficoltà, con la giusta rabbia e cattiveria. Sembra una sorta di suite, che parte dalla traccia appena mostrata, passa per i sette minuti di Like when It’s raining outside – che vi darà tutti i motivi per ribellarvi a ciò che è ingiusto – e scoppierà in Fanculo mondo. Vero urlo liberatorio, già dal titolo. Una traccia che vi farà cogliere l’occasione di mandare a fanculo tutto ciò che non è giusto. E lo farà non solo con la voce, ma anche con gli strumenti, con le chitarre, le batterie, i riff pazzi e rumorosi… Una rabbia che arriverà nella finale From a tight angle, ultima scossa rabbiosa prima della conclusione di un buon album.

Come detto, riesce a convincere anche chi lo ascolta con una certa scetticità. E questo non riescono a farlo tutti.

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