
Molte volte, ascoltare un disco è come guardare un album di fotografie. Ci sono generi musicali che hanno il “potere” di riuscire a far visualizzare delle immagini ben chiare e nitide all’ascoltatore di turno. Generi come il post-rock e lo shoegaze, su tutti, riescono bene in questo intento. Ed è proprio questo il filone in cui si inserisce Apnea degli Augure. Pochi fronzoli, sul serio, giusto una serie chiarissima di immagini in cui immergersi ad occhi chiusi.
Inhale
apre il lavoro con i crescendo tipici del genere: distorsioni su cui
si adagiano riff elettrici ed elettronici. Immaginate di prendere un
lungo respiro, prima di affrontare una non-facile camminata su
fondali marini. Ovviamente il tutto trattenendo il respiro.
Oppure,
ancora, immaginate di precipitare al rallentatore da altezze
incalcolabili: la struttura di Ruunt
vi farà prima cadere tra nuvole che vi accarezzano dolcemente per
poi farvi finire tra ostacoli che renderanno tutto piacevolmente
“doloroso”. È lì che gli uccelli in volo vi sbatteranno
addosso, e gli alberi vi graffieranno la pelle, e i palazzi vi
lasceranno lividi coi loro spigoli.
Altro brano, altra immagine: The Hunt è una cronaca di caccia che segue vari momenti. L’attesa per la preda, l’animale che si ribella e che dopo fugge, i cacciatori messi alle strette e che a loro volta diventano preda.
E quando poi leggi un titolo come La Chute (“l’inseguimento”) ti aspetteresti un brano veloce, frenetico e invece no: il gruppo sembra pensare già al dopo inseguimento, al riposo calmo, con l’animo risollevato, ma ancora col respiro affannoso… sconfinando nella successiva Überlauf: dove, mentre ci si riposa dagli avvenimenti appena narrati, tutto intorno viene spazzato via dalla corrente, da uno straripamento di distorsioni e martellamenti ben organizzati di basso e batteria.
Passata la piena, acquietatasi la furia delle acque, si rimane lì sdraiati a terra. A Cloud Of Gray ci rimanda con lo sguardo al cielo che lentamente si ricopre di nuvole color grigio continuando sempre a respirare, a lungo, alternando calma ed agitazione, tachicardia e brachicardia. Mentre nelle orecchie riecheggiano gli otto minuti di Exhale, traccia conclusiva di un album che richiama a tanti gruppi post-rock e shoegaze, senza mai diventare banale o già sentito.
Riuscire ad evocare delle immagini cinematografiche senza dover per forza inserire dei campionamenti (come fatto da fin troppi gruppi oggigiorno) non è cosa da tutti. Gli Augure, invece, ci riescono più che bene.