Super Fat Ginger Cat – MAW (2021, Grandine Records)


Questo grasso, rosso, micione, adagiato in acque apparentemente calme, a metà tra la copertina di Nevermind dei Nirvana e Bojack Horseman che si schianta in piscina dal terrazzo, agita le sue vibrisse distorte fregandosene di risultare orecchiabile, catchy.

Se solo provate a giudicare questo primo album del power trio bolognese Super Fat Ginger Cat solo dalla voce, sbagliate e ugualmente sbagliate se prendete in considerazione solo la parte strumentale: “MAW“, facendo bene attenzione a tutti i dettagli, suona bene proprio grazie alla coesistenza dei due elementi, a volte talmente in contrasto da lasciare a bocca aperta.
Sette colonne sonore ideali per trip psichedelici e distorti, a cavallo di micioni iperpelosi, passando per deserti ventosi, mari agitati e spazio profondo.

Sonorità martellanti tra stoner, psych e ripetizioni ipnotiche, affascinanti come una visione durante una tempesta di sabbia. L’iniziale Uncle A è un’oasi distorta tra dune di sabbiosa rabbia desertica. Con la voce che si adagia su un ruvidissimo manto strumentale che cambia più volte, mettendo in fila un riff più distorto e violento dell’altro. In Another Stoned Sunday si richiamano un po’ le Hole anche se gli sviluppi grunge riportano alla mente la sfrontatezza dei primi Verdena, creando una miscela incendiaria che prende e scuote, convincendo a mani basse. Volumi altissimi per l’inno del post-sbronza, degli occhi rossi, delle teste che girano.

E quando ci si riprende da tutto ciò, è il momento giusto per un’accelerata su pedali distorti: in Planet Fish, basso e voce graffiano in due modi totalmente diversi senza, però, darsi fastidio a vicenda, anzi. Il contrasto tra i due elementi crea un episodio dream-stoner, di voci eteree e melliflue che si fondono con un basso che sa di lava incandescente. Tutti elementi che andranno ad innescare l’esplosione intitolata Efferalgun, un saliscendi strumentale che vede emergere il proprio animo punk da sabbie profonde e pesantissime, dispensando rabbia distorta e veloce, e che bluffa, provando a spegnersi tra sognanti visioni sludge/post per poi ritornare ad infuocarsi di lì a poco, in maniera ancora più netta e decisa.

Nella successiva Strangers, Melissa Auf Der Maur girovaga tra dune altissime e si ritrova seppellita da una gigantesca tempesta di sabbia, facendoci riabbracciare le sonorità stoner/psych di inizio album, tra ripetizioni ipnotiche ed una voce capace di stregare senza troppa fatica. E così sarà anche nella successiva Eta Carinae, un’ondeggiare spaziale in cui la voce diventa monumentale tra le psicopatie iperdistorte dello strumentale, in perenne, perfetto, equilibrio.

L’episodio finale, While True, erige mura altissime di suono pesante in un fuoco continuo di voci eteree e fiammate distorte: gli ultimi passi di un percorso che – appena concluso – ti fa venire voglia di ricominciare a camminare senza fermarti mai.

Prima prova più che convincente, che rivela dettagli sempre nuovi ad ogni ascolto, per il trio bolognese. In fondo, i gatti hanno sempre il loro fascino e Super Fat Ginger Cat, credetemi, non fa affatto eccezione.

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etichetta: Grandine Records

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